UNA VITA AL KALEIDOSCOPIO

Moonage daydream di Brett Morgen
Mi sono affrettato ad andare al cinema vedere Moonage daydream, data la sua breve permanenza nelle sale. L’aspettativa principale era quella di immergermi per un paio d’ore in un mare di note che ho talmente interiorizzato da sentirle vibrare sottopelle.
A parte questo non avevo altre aspettative. Invece, ho aggiunto diversi e preziosi tasselli inediti al puzzle, che ritenevo completo, rappresentante colui che reputo il più grande artista del 1900.

Un docufilm sull’artista e sull’uomo
Moonage daydream è il frutto di un’enorme mole di lavoro. Attraverso numerosi filmati inediti, traccia e definisce un percorso artistico e umano unico, mediante un’estetica curatissima e i noti capolavori che le accompagnano.
Oltre a raccontare una vita che sembra davvero osservata attraverso un kaleidoscopio, si sofferma, come mai è stato fatto prima, sul Bowie uomo e il suo pensiero.
Emerge il ritratto di un artista da sempre ambizioso, con le idee piuttosto chiare, poco interessato alla fama in sé, dotato di una certa leggerezza. E anche fortemente determinato nel volere raccontare il mondo attraverso i suoi occhi, senza la presunzione di precorrere i tempi. Cosa che avrebbe fatto suo malgrado per oltre un decennio. Soprattutto colpisce l’assenza di giudizio. Il non incorrere nella banalità di critiche verso il presente e di suggestioni nostalgiche del passato.
Il periodo USA
Il Bowie dei primi anni ’70 giocava con i travestimenti e con gli atteggiamenti ambigui e provocatori. Scrisse e produsse una serie impressionante di album che sono diventate delle pietre miliari, trasformandolo nell’idolo più seducente per le masse giovanili dell’epoca. Un successo talmente travolgente da sconnetterlo per un lungo periodo dalla realtà. Si era talmente calato nei personaggi che creava egli stesso, da perdere il contatto con il mondo reale.
A metà anni ’70 era completamente schiavo degli stupefacenti e ridotto in condizioni fisiche allarmananti. Arrivò a pesare meno di 50 kg e viveva come un alieno.
A Los Angeles, una metropoli che detestò profondamente, maturò la scelta che gli salvò la vita.
Gli anni di Berlino
O meglio: Berlino Ovest, la città salvifica. Qui riuscirà ad allontanarsi dall’orlo del baratro in cui stava precipitando. In quella grande e atipica città respirò una nuova e ritrovata libertà. Stranamente, in un’enclave isolato e circondato da un Muro alto 4 metri e lungo più di 150 km.
A Berlino condusse una vita lontana dai clamori, all’insegna di un inatteso pseudo-anonimato. Ciò gli consentirà di riconnettere l’artista all’uomo, e di trovare nuova linfa per i propri processi creativi in costante fermento.
Gettò via ogni maschera e si mostrò finalmente spogliato delle ingombranti ombre dei suoi alter ego. Gli Ziggy e gli Aladdin che avevano decretato la sua consacrazione sulla scena rock nell decennio più innovativo, trasgressivo e glam del secolo scorso. Il risultato fu la famosa trilogia berlinese, inclusa la canzone che ancora oggi è associata alla capitale tedesca. Tre album che anticiparono i tempi e ispirarono numerosi artisti e gruppi della futura scena elettronica e new wave. In primis, i Japan, gli Ultravox, i Simple Minds e i Depeche Mode.
L’esplosione pop anni ’80
Seguirono gli anni del Bowie smaccatamente pop. Raggiunse i vertici delle classifiche e una fama ancor più globale con Let’s dance e Absolute beginners. Seguì una nuova crisi artistica da egli stesso analizzata nel film.
Tutto quel riscontro, dalle enormi proporzioni, divenne una gabbia. La ricerca di conferme e del consenso da parte del pubblico lo fece di fatto inciampare in alcune produzioni non alla propria altezza. Commise l’errore di tentare di individuare una direzione giusta piuttosto che, come aveva sempre fatto, crearne una e mostrarla.
Ciò che sorprende di più è il suo approccio ai grandi temi esistenziali, come l’amore e la morte. La sua visione a riguardo rivela un’indole curiosa e appassionata, una visione inaspettata, mai scontata e a tratti illuminante.





Chi era Bowie?
È difficile rispondere con una vita che ricorda le proiezioni e le geometrie magiche di un kaleidoscopio.
Era forse lo sfrontato e arrogante Ziggy Stardust o il decadente e consumato White Thin Duke? L’artista riflessivo e creativo del periodo berlinese oppure la pop star idolatrata degli anni ’80?
L’uomo maturo, pacato e innamorato dei ’90? O, infine, l’uomo ormai anziano e malato che rappresentò il cammino verso la propria morte attraverso un’ultima opera?
Forse tutti, o nessuno di essi, presi singolarmente.
Il maggior pregio di Moonage daydream è la rivelazione di una visione insolita e profonda della vita-
Quella di chi ha scelto di viverla non osservandola con una semplice lente, ma attraverso un kaleidoscopio.