UNA SUITE BERLINESE TRA RICORDI E OSSESSIONI

Un impensabile vantaggio del Muro
Poteva il Muro di Berlino rappresentare un’opportunità per qualcuno? Per Klaus, il giovane protagonista di Suite Berlinese di Massimo Miro (Scritturapura, 2021), pare di sì. Specie quando matura la necessità di alleviare il tormento della sua ossessione amorosa. La suite berlinese del titolo pare fare riferimento a un concerto introspettivo, cadenzato dai ricordi e dalle ossessioni della voce narrante. Klaus abbandona Berlino Ovest e attraversa il Muro per trasferirsi a est. Torna a vivere nell’appartamento di famiglia in Auguststraße a Mitte. Ponendo il proprio muro personale tra sé e il passato. Un’altra città, un’altra nazione, una cambio radicale di vita senza sobbarcarsi un lungo viaggio, ma semplicemente attraversando un checkpoint.
Ritorno a casa
Il ritorno alle origini, per Klaus, non sarà indolore. La casa dov’è cresciuto, situata sopra il negozio di fotografia del padre, che egli ha ripreso a gestire, è un vivaio di ricordi che non aiutano a lenire il suo malessere. La trama di Suite Berlinese si snoda lungo l’ultimo decennio di storia – il più critico e labile – della DDR. Lo Stato e il suo sistema soffrono sempre più di un nervosismo strisciante e di pressioni forti e allarmanti. A partire dai sempre più ingenti problemi economici fino al logorio e allo sfaldamento del proprio tessuto sociale. Il malcontento della popolazione, specie tra quella più giovane, è sempre più difficile da gestire e contenere. Il vento del cambiamento portato da Gorbačëv, il nuovo presidente dell’Unione Sovietica, soffia sempre più forte e la popolazione della DDR è attiva in sempre più frequenti manifestazioni di protesta.

Grida di libertà
A Berlino Est l’ideale di libertà dell’occidente a portata di Muro era più difficile da occultare o denigrare che nel resto della Repubblica Democratica Tedesca. I suoni e la vita di Berlino Ovest oltrepassavano agevolmente la barriera fisica. I giovani si ammassavano a ridosso del Muro e della striscia della morte per carpirli, specie durante i concerti rock all’aperto che si tenevano oltre l’invalicabile barriera.
Il fascino sinistro della DDR
L’immagine di copertina di Suite Berlinese riproduce un suggestivo spaccato di un mondo lontano e polveroso, antico e superato. Una realtà che ancora oggi esercita un indubbio e attrattivo potere di fascinazione. Una riproduzione in scala di uno spaccato urbano d’epoca, caratterizzato dalla presenza delle immancabili Trabant color pastello.
Come un puzzle
Suite Berlinese è un thriller torbido, introspettivo e mai scontato, pervaso da spasmi esistenziali e amorosi. Partendo dal finale – di cui si hanno pochi elementi – il racconto viaggia a ritroso, fino a rievocare circostanze e personaggi remoti. Il mistero ruota intorno ai misteriosi rullini fotografici che uno sconosciuto porta con cadenza settimanale a sviluppare nel negozio di Klaus. Il giovane, per via del proprio passato di cittadino occidentale, sospetta che dietro l’ambiguo cliente si celi una spia, un agente o un informatore della Stasi. Ogni rullino, atteso e sviluppato con crescente impazienza, rivelerà a Klaus scatti effettuati in luoghi a egli ben noti. Luoghi a cui sono legati persone e momenti che lo hanno marchiato a fuoco. Ciò lo manderà in totale confusione e farà riemergere i vecchi fantasmi del passato. Nella sua camera oscura accumulerà i tasselli di un mosaico inquietante e confuso, difficile da ricomporre.
Odori e immagini
Ho trovato Suite Berlinese un giallo sensoriale, per quanto è ricco di immagini e suoni vintage, retrò. Sembra davvero di annusare l’odore dei vinili, di toccare la carta delle vecchie lettere ritrovate dai protagonisti e di udire lo scricchiolio del legno di vecchie soffitte polverose. La scrittura di Miro proietta i tipici cromatismi e le inusuali geometrie di un’epoca affascinante come quella a cavallo tra gli anni ’70 e ’80. Ma ciò che sorprende è il meccanismo complesso dell’impianto narrativo, avvincente e sorprendente fino al sorprendente colpo di scena finale.
Un soggetto altamente cinematografico
Non mi sorprenderebbe se Suite Berlinese divenisse soggetto per un film o una serie: ricordi e ossessioni sono ingredienti perfetti per sedurre il pubblico. Il finale si svolge durante la notte del 9 novembre 1989, tratteggiando sapientemente la storica data. Il gioioso delirio collettivo funge da efficace cornice per quello doloroso e personale di Klaus. Appassionanti flashback trasportano il lettore fino alla Berlino degli anni ’30, con una “comparsa” di eccezione: nientemeno che Albert Einstein.