TUTTO CONTA IN GRANDI QUANTITÀ

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Berlino musa rock

Di norma, nella correlazione tra Berlino e la musica, l’associazione più diffusa è quella con la trilogia di David Bowie, oppure con gli U2 di Achtung Baby. La capitale tedesca “salvò” il Duca Bianco dalle dipendenze che lo stavano letteralmente distruggendo. A Berlino trovò nuovi smalto e linfa per produrre una serie di lavori discografici divenuti pietre miliari. Invece, la band irlandese scampò il pericolo di un possibile scioglimento, creando l’album della svolta che l’avrebbe consacrata definitivamente. Meno noto è forse il rapporto tra Berlino e un’altra celebre band. Everything counts in large amounts (tutto conta in grandi quantità) è senza dubbio la frase fulcro di uno dei loro più noti successi.

TUTTO CONTA IN GRANDI QUANTITÀ
Musica e storia

I Depeche Mode, tuttora tra le band più seguite e amate a livello mondiale, registrarono questa canzone presso i leggendari Hansa Tonstudio nei pressi di Potsdamer Platz. Lo stesso studio di registrazione dove Bono, The Edge, Adam e Larry incisero Even better than the real thing. Lo stesso edificio con l’affaccio su quel tratto di Muro dove i due amanti abbracciati, intenti a baciarsi, avrebbero ispirato la leggendaria Heroes. Interessante notare come il comune denominatore per la band di Dublino e la rockstar londinese fu Brian Eno alla produzione.

No-global song

Il videoclip di Everything Counts, fu girato a Berlino Ovest e, trasmesso massivamente su MTV, incrementò la popolarità del gruppo, reduce dall’incoraggiante riscontro dei primi due album. Il testo del brano era una palese e dura critica nei confronti del capitalismo. Quel “tutto conta in grandi quantità” puntava il dito contro un sistema ormai intossicato dal consumismo e dall’edonismo più sfrenati. Una denuncia ante litteram di quel fenomeno sociale per cui, due decenni dopo, sarebbe stato coniato il termine “globalizzazione”. Cantare “di mani avide che arraffano in un mondo competitivo” nella enclave d’occidente incastrata all’interno di una nazione fieramente anti-capitalista, imprimeva ulteriore forza al messaggio.

Un’altra trilogia berlinese

Dopo l’uscita di Vince Clark, la band di Basildon decise di distanziarsi dalla dance synth-pop dei primi successi.
Nel 1983 raggiunsero il loro produttore che si era trasferito a Berlino. Lì completarono il terzo album, Construction Time Again, un lavoro più maturo e complesso che conteneva, appunto, la celebre Everything Counts. L’anno successivo toccò a Some Great Reward, che bissò il successo del predecessore. Nel mentre, Martin Gore, tastierista e autore di gran parte del repertorio del gruppo, si era legato a una ragazza berlinese. Quindi, il gruppo continuò a trascorrere periodi sempre più prolungati a Berlino. In quei lunghi mesi nacquero i brani che andarono a formare Black Celebration, il vertice della loro trilogia berlinese. Fu un capitolo fondamentale nella loro svolta verso atmosfere sempre più cupe e “industrial”. Il sound innovativo di questo album ispirò numerosi artisti della scena tedesca. Il videoclip di “Stripped”, uno dei singoli estratti, fu ambientato a Berlino, fuori dagli Hansa Tonstudio.

Oltre il Muro

La fama dei Depeche Mode oltrepassò il Muro fino a Berlino Est, i loro vinili e le le riviste musicali dell’ovest, come il teen-magazine “Bravo, erano quotatissimi sul mercato nero. I giovani Ossi orientavano le antenne per captare i segnali delle emittenti radiotelevisive dell’ovest. Divennero così una band di culto anche nella rigida e ostica DDR, dove pure, grazie a loro, nacque una scena post-punk e new wave locale. Una scena che, in quanto a fermento e creatività, aveva poco da invidiare a quella della Germania Ovest.

Onde inarrestabili

Tastiere e sintetizzatori di ultima generazione avevano costi proibitivi e non erano reperibili tramite i canali ufficiali e legali. Gli aspiranti musicisti dell’est si ingegnavano assemblando marchingegni artigianali con i pochi mezzi a disposizione. Il regime della DDR, chiaramente, non vedeva di buon occhio la diffusione incontrollata di mode musicali provenienti da oltrecortina. Tuttavia, sempre più giovani di Berlino Est iniziarono ad ammassarsi nei pressi del Muro ogni qualvolta che dall’altra parte era in corso il concerto di qualche rockstar occidentale.
Le operazioni di respingimento dei Vopos erano spesso causa di disordini, come quelli storici del 1987, in occasione del celebre concerto di David Bowie di fronte al Reichstag.

I Depeche Mode a Berlino Est!

Nonostante l’ostracismo del regime, anche a est la musica dei Depeche circolava inarrestabile. Il contrabbando di copie illegali dei loro dischi e musicassette prodotti in Ungheria e nell’ex Yugoslavia, era particolarmente florido. Dopo più tentativi falliti, nel marzo del 1988, la band inglese ottenne finalmente il permesso di esibirsi a Berlino Est. Erano diventate di pubblico dominio alcune loro date in altri paesi del blocco sovietico, per cui il regime dovette aggirare il pericolo di aizzare il già forte malcontento diffuso tra i più giovani.

Speculazioni e follie

Lo storico concerto ebbe luogo a Prenzlauer Berg, presso la Werner-Seelenbinder-Halle, demolita negli anni ’90e rimpiazzata dall’attuale Velodrom. I biglietti, del costo di 15 marchi dell’est, andarono esauriti in breve tempo.
Lo spettacolo era inizialmente destinato unicamente agli iscritti alla Freie Deutsche Jugend, ma il “bagarinaggio” fece lievitare in maniera incontrollata il prezzo dei biglietti. Qualcuno arrivò persino a vendere l’automobile o altri beni di valore per presenziare a un evento epocale e , con ogni probabilità, irripetibile.

Una passione senza fine

La storia d’amore tra i DM e Berlino è proseguita nel corso dei decenni fino ai giorni nostri. Le loro date nella capitale riunificata registrano puntualmente il tutto esaurito nel volgere di poche ore, a riprova di un amore saldo e imperituro.

One thought on “TUTTO CONTA IN GRANDI QUANTITÀ

  1. C’è qualcosa nell’aria, nelle condutture elettriche, nella ricerca del suono, nella disposizione dei palazzi che attrae e accende gli artisti.
    C’era allora, nel massimo fulgore di quelle rockstar del periodo che hai citato.
    C’è adesso, nei tanti dj o musicisti che arrivano a Berlino come pellegrini alla Mecca.
    Sarebbe stato fulminante essere parte di quella moltitudine ipnotizzata da Bowie quella sera o saltare insieme agli iscritti alla Freie Deutsche Jugend per quei 4 sciamani neri.
    Perchè in ogni città si possono respirare vibrazioni feroci, emozioni immortali e ricordare luci indelebili però Berlino è un altro capitolo, un libro che tutti abbiamo sfogliato e nessuno sa come dimenticare

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