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LA PROPAGANDA E LE BUGIE SUL MURO

«Nessuno ha intenzione di costruire un muro» – Così, il 15 giugno del 1961, si pronunciò l’allora presidente della DDR Walter Ulbricht in merito alle insistenti voci trapelate dalla rete di spionaggio, del folle progetto del Muro. Appena due mesi dopo, quella dichiarazione divenne la temuta realtà. La giornalista Annamaria Doherr aveva formulato la domanda senza menzionare in alcun modo l’idea di un muro, menzionando quella di una più generica istituzione di confine di stato. Il regime della DDR giustificò le prime operazioni (12-13 agosto 1961) di installazione del Muro con la scusa di una barriera protettiva contro la minaccia fascio-capitalista degli ex alleati occidentali. Naturalmente, in pochi credettero a motivazioni così claudicanti, ma non mancò un nutrito numero di fedeli alla causa socialista. Cittadini che, in nome di una fede ideologica, approvavano il braccio di ferro tra due ideali di società agli antipodi: socialismo contro capitalismo, proletariato versus borghesia. Difficile stabilire quanto fossero ingenui o consapevoli del duro prezzo da pagare. Il Muro e la propaganda di regime, per quanto intrisa di bugie, fu il ragionevole prezzo da pagare per un obbiettivo ritenuto nobile.
“Tu vivi in America. È il più grande paese del mondo. Certo, c’è chi fa una vita di merda. Perché, credi che nell’Unione Sovietica non facciano una vita di merda? Lui ti dice che il capitalismo è un sistema dove cane mangia cane. Cos’è la vita se non un sistema dove cane mangia cane? …”

GOOD BYE, LENIN!

Ogni volta che si compone un elenco delle migliori e più celebri pellicole ambientate a Berlino, un titolo non può mancare. Rilasciato nel 2003, Goodbye, Lenin! è davvero un film imperdibile. Quale altra opera cinematografica è riuscita a catturare e trasmettere in modo così autentico il senso e le contraddizioni dell’Ostalgie, il sentimento nostalgico per la Germania dell’Est?
Lo scanzonato Sonnenallee, uscito qualche anno prima, aveva offerto uno spaccato divertente e volutamente caricaturale della vita nella DDR.
Invece, il toccante e pluripremiato Le vite degli altri, uscito tre anni dopo, ne avrebbe rappresentato gli aspetti più disumani. Good bye, Lenin!, in tal senso, si posiziona a metà tra questi due registri. La narrazione di un popolo finalmente libero sembrava essere stata fin troppo farcita di retorica e sentimentalismo, mettendo da parte le conseguenze meno piacevoli. Dopo la caduta del Muro, molti Ossi si sentirono smarriti e traditi. È un dato di fatto che un non irrilevante numero di tedeschi dell’est abbia cominciato a rimpiangere le certezze e la sicurezza che il controverso regime socialdemocratico garantiva loro, in cambio della loro libertà e di una fedeltà non sempre sentita e spontanea.
Il film diretto da Wolfgang Becker, non mette in…