LA PROPAGANDA E LE BUGIE SUL MURO

«Nessuno ha intenzione di costruire un muro»
Così, il 15 giugno del 1961, si pronunciò l’allora presidente della DDR Walter Ulbricht in merito alle insistenti voci trapelate dalla rete di spionaggio, del folle progetto del Muro. Appena due mesi dopo, quella dichiarazione divenne la temuta realtà. La giornalista Annamaria Doherr aveva formulato la domanda senza menzionare in alcun modo l’idea di un muro, menzionando quella di una più generica istituzione di confine di stato. Il regime della DDR giustificò le prime operazioni (12-13 agosto 1961) di installazione del Muro con la scusa di una barriera protettiva contro la minaccia fascio-capitalista degli ex alleati occidentali. Naturalmente, in pochi credettero a motivazioni così claudicanti, ma non mancò un nutrito numero di fedeli alla causa socialista. Cittadini che, in nome di una fede ideologica, approvavano il braccio di ferro tra due ideali di società agli antipodi: socialismo contro capitalismo, proletariato versus borghesia. Difficile stabilire quanto fossero ingenui o consapevoli del duro prezzo da pagare. Il Muro e la propaganda di regime, per quanto intrisa di bugie, fu il ragionevole prezzo da pagare per un obbiettivo ritenuto nobile.

La favola della fratellanza (da “Ho sposato un comunista” di Philip Roth)
Tu vivi in America. È il più grande paese del mondo. Certo, c’è chi fa una vita di merda. Perché, credi che nell’Unione Sovietica non facciano una vita di merda? Lui ti dice che il capitalismo è un sistema dove cane mangia cane. Cos’è la vita se non un sistema dove cane mangia cane? È un sistema in sintonia con la vita. Ed è proprio per questo che funziona. Guarda, tutto quello che i comunisti dicono del capitalismo è vero, e quello che i capitalisti dicono dei comunisti è vero. La differenza è che il nostro sistema funziona perché si basa su quella verità che è l’egoismo della gente, e il loro non funziona perché si basa su quella favola che è la fratellanza. È una favola così fantastica che, per costringere la gente a crederci, hanno dovuto prenderla e spedirla in Siberia. Per costringere la gente a credere alla loro fratellanza, hanno dovuto controllarne ogni pensiero o fucilarli.
Realismo e utopia
E intanto in America, in Europa, i comunisti continuano a raccontare questa favola anche quando sanno qual è la verità. Certo, per qualche tempo tu non la conosci. Ma cos’è che non conosci? Conosci gli essere umani. E allora sai tutto. Sai che questa favola è impossibile. Se sei molto giovane, immagino sia okay. Venti, ventuno, ventidue anni, okay. Ma dopo? Non c’è ragione per cui una persona d’intelligenza media possa ascoltare questa storia, questa favola del comunismo, e crederci. «Faremo cose meravigliose…» Ma noi sappiamo cos’è nostro fratello, no? È una merda. E sappiamo cos’è il nostro amico, no? È una mezza merda. E anche noi siamo mezze merde. Dunque, come possiamo fare cose meravigliose? Non si tratta nemmeno di cinismo, né di scetticismo, sono i semplici poteri di osservazione che ha l’uomo a dirci che non è possibile.


Poteri e potenziali
Pragmatico cinismo, spietato nichilismo oppure la semplice verità? La narrazione di un vallo a tutela della democrazia, ha rappresentato uno dei picchi più alti delle bugie e delle nefandezze di cui è stata capace la propaganda di regime. Non meno delle promesse di dominio e imperialismo del nazionalsocialismo, da cui prendeva le distanze. Il nazismo incitava i tedeschi all’odio basandosi su una presunta superiorità genetica e morale della stirpe germanica; la DDR ingannava il popolo animata da ipocriti principi di uguaglianza e tutela dei diritti umani. Ciò comprova quanto la politica, aldilà dei personali orientamenti, sia pura affabulazione. Ancora oggi, c’è chi ricorre a luride e maleodoranti strategie ispirandosi – mai apertamente – a modelli del passato mai abbastanza superati.



Un altro mondo
Quando passeggio lungo l’East Side Gallery, certi pensieri cupi e disfattisti della mia si stemperano nella possibilità concreta di un mondo perfettibile. Nonostante qualcuno continui ad auspicare e a incoraggiare l’installazione di nuove barriere, Berlino apre la finestra su un futuro che si è lasciato alle spalle la vergogna del Muro senza mai dimenticarlo. Da questa apertura irrompe una luce potente e radiosa che accende le artistiche policromie della street art che sembrano attenuare vecchie e minacciose ombre.



Ich bin auch Berliner! Grazie per Roth, per i tuoi ricordi onirici e vivissimi, per la vita che ti appartiene (come denuncia il distintivo uso dell’aggettivazione…). Grazie e felice primo compleanno!