IL PRIDE DI BERLINO E IL PARAGRAFO 175

Un mese di eventi
Il 28 giugno ha ufficialmente inizio il Pride di Berlino, un mese di eventi che avranno conclusione sabato 22 luglio, con il Christopher Street Day. Il CSD è la tradizionale parata che richiama a Berlino numerosi visitatori da ogni angolo d’Europa e del mondo. Una vera e propria celebrazione di ogni diversità.
Nonostante Berlino vanti il Pride forse più affollato d’Europa, sul suo passato aleggia l’ombra di una legge controversa: il Paragrafo 175.
Una stigmatizzazione lunga un secolo
Nonostante la sua lunga storia, il primo Pride di Berlino risale al 1979, sulla città e l’intera Germania, grava l’ombra sinistra del famigerato Paragrafo 175. Non solo quella infame e nefasta dell’Olocausto che, com’è noto, portò allo sterminio sistematico di migliaia e migliaia di omosessuali. Tuttavia, è giusto precisare che tale legge entrò in vigore nel 1871, dunque decenni prima dell’ascesa al potere del nazionalsocialismo. Il Paragrafo 175, che rese l’omosessualità fuorilegge, restò in vigore (tra modifiche varie) per buona parte del XX° secolo. Venne, infatti, abolito solo nel 1994, cinque anni dopo la caduta del Muro e la riunificazione della Germania.

Scalata al potere
Con la notte dei lunghi coltelli, tra il 30 giugno e l’1 luglio 1934, Adolf Hitler, attuò il proprio piano di annientamento delle SA (Sturmabteilung). Le truppe d’assalto erano comandate dal colonnello Ernst Röhm, amico di Hitler ai tempi della Grande Guerra. Le SA avevano avuto un ruolo fondamentale nei moti populisti alla base dell’affermazione del Partito Nazionalsocialista. Ciononostante, la loro anima riottosa, preservata da Röhm anche dopo la vittoria alle elezioni, era diventata la spina nel fianco di Hitler, nominato neo-cancelliere.
Bugie e pretesti
Fu personalmente il Führer ad arrestare l’ex amico, facendo irruzione di notte nella sua stanza d’albergo sul Lago Tegernsee, in Baviera. Hitler pianificò il tutto in occasione di un incontro ufficiale tra Röhm e Paul von Hindenburg, l’allora presidente del Reich. Röhm fu assassinato in carcere, insieme ad altri elementi ai vertici delle SA. Hitler motivò l’eccidio inventandosi un inesistente colpo di stato da parte del comandante delle SA e dei suoi uomini. Inoltre, strumentalizzò la risaputa omosessualità di Röhm, dichiarando di avere impedito che la Germania venisse rovesciata da un “deviato”. Fu così che si appresero quali posizione e provvedimenti, nel Terzo Reich, sarebbero stati intrapresi per gli omosessuali. Una categoria di persone che il regime nazista bollò come aberrante e contronatura. Ma, soprattutto, un ostacolo genetico per il folle disegno di perfezionamento e riproduttività della “superiore razza ariana”.
I primi locali gay
Fino al termine della I Guerra Mondiale, le condotte e le pratiche omosessuali vennero severamente proibite e punite in tutta la Germania. Solo nelle due città principali tedesche, Berlino e Amburgo, le forze dell’ordine, chiusero un occhio, mostrando una certa tolleranza. Negli anni ’20 la capitale tedesca divenne la prima metropoli gay friendly. L’apertura di diversi locali e circoli dedicati, attrassero omosessuali, intellettuali e curiosi da tutta Europa, tra cui anche lo scrittore inglese Christopher Isherwood.
La vergogna del Terzo Reich
Con l’avvento del Terzo Reich l’omosessualità venne definita un abominio e iniziò a essere contrastata e perseguitata. In Europa, il clima progressista e di libertà della Berlino di Weimar, aveva sollevato dubbi e generato dileggio sulla virilità della stirpe germanica. Ciò, per il Führer, era inaccettabile.
Nel 2020, durante la partita di calcio Germania-Ungheria, parte della curva magiara intonò cori razzisti e omofobi contro la squadra e la tifoseria avversarie. Un déjà vu dei tempi lontani del Deutsches Reich, quando la Germania era la culla di condotte considerate esecrabili in quasi tutti gli altri stati europei. Anche per queste ragioni gli omosessuali rientrarono ben presto tra le categorie di individui da eliminare.
La loro vita per ripristinare un’idea di dignità, il loro sangue per lavare anni e anni di scherno.
Il singolare punto in comune delle due Germanie divise
Incredibilmente, al termine della II Guerra Mondiale, entrambe le Germanie – già scisse e in netto contrasto tra esse – ereditarono e mantennero il Paragrafo 175. Sebbene epurata e applicata in casi specifici, come abuso di minori o persone svantaggiate, continuò a definire l’omosessualità una devianza contronatura. Ciò, nonostante fosse ampiamente emerso il trattamento riservato agli omosessuali nel disegno nazista.
Repubblica Democratica Tedesca
La DDR depenalizzò il reato nel 1968, a eccezione dei casi con coinvolgimento di minori. Nel 1987 abrogò la legge e riconobbe l’omosessualità come naturale variante naturale del comportamento sessuale umano. Garantì inoltre ai cittadini omosessuali gli stessi diritti civili. Purtroppo ciò non comportò conseguenze significativamente positive: nella società dei tedeschi dell’est, l’omosessualità continuò a essere stigmatizzata o, comunque, affatto incoraggiata. Un bel film prodotto dalla DEFA (grazie alla caparbietà del regista), Coming Out, offre uno spaccato realistico rivelando un insospettato mondo sommerso e vivace.
Repubblica Federale Tedesca
In Germania Ovest la depenalizzazione venne ufficializzata nel 1969, pur mantenendo il Paragrafo 175 fino al 1994.
Paradossalmente, per l’est, il ricongiungimento con l’ovest comportò un reale passo indietro. Con la riunificazione, la Repubblica Federale Tedesca prese in carico la morente DDR, ma le impose anche le proprie leggi, incluso il controverso paragrafo.
E in Italia?
Curiosamente, nel Belpaese, l’omosessualità non è mai stata illegale. Neppure durante il famigerato ventennio, poiché il Duce sosteneva che gli italiani fossero troppo virili per avere un tale “problema”.
Naturalmente ciò non comportò alcun vantaggio per le minoranze; basti pensare al tempo impiegato – tra le nazioni più sviluppate – per il riconoscimento dei diritti civili minimi.
Info
Fortunatamente, il Paragrafo 175 appartiene al passato, mentre il Pride è il presente; quale città, meglio di Berlino, simbolo di accoglienza e inclusività, per immergersi nell’atmosfera festosa del Pride?
Sul sito ufficiale degli organizzatori, tutte le informazioni e il programma completo degli eventi.