DONNE E MACERIE

La fine della guerra
Da qualche tempo sto scoprendo i libri di Helga Schneider, una scrittrice tedesca naturalizzata italiana cresciuta nella Berlino della II Guerra Mondiale. Da 58 anni vive a Bologna. I suoi titoli più noti sono certamente Lasciami andare, madre e Il rogo di Berlino. Quest’ultimo è un memoir di Helga all’età di circa 6 anni, nella Berlino, ormai rasa al suolo, degli ultimi anni della guerra da cui la Germania era ormai sconfitta. L’epilogo del II conflitto mondiale fu devastante al punto da costringere la popolazione a vivere trincerata nelle cantine dei loro edifici, con poco cibo, senza luce, acqua e servizi igienici. La conclusiva Battaglia di Berlino ridusse la città a un cumulo di macerie; donne, bambini e anziani, una volta liberati dalle truppe alleate, si ritrovarono in un polveroso e maleodorante cimitero a cielo aperto.

Il ruolo delle donne
Tornerò a parlare di Helga Schneider, delle sue opere e della sua personale storia in un post a lei dedicato.
Nel frattempo traggo spunto per la ricorrenza di oggi, per riconoscere e omaggiare la centralità del ruolo delle donne nella Germania del dopoguerra.
Dal libro della Schneider emergono figure femminili di spicco. Tutti gli uomini più giovani erano impegnati al fronte; erano dunque le donne a provvedere alle necessità di bambini e anziani. Uscivano dai rifugi e attraversavano la città, sotto i frequenti attacchi aerei e a rischio della propria incolumità, per approvvigionarsi di acqua e cibo. I viveri venivano spesso trafugati da depositi e magazzini abbandonati, benché sotto la sorveglianza armata dei soldati delle SS.
Ricominciare
Quando i collaboratori del Führer – che non accettò la palese sconfitta e preferì suicidarsi – firmarono la resa, Berlino e buona parte della Germania della nazione erano ormai state distrutte. Le donne, rimaste da sole, con gli uomini ancora al fronte o morti, affrontarono le montagne di macerie fumanti (67 milioni di metri cubi) rimboccandosi le maniche. Diversi video d’epoca testimoniano l’incredibile operosità di quei difficili anni. Catene di donne in abiti comodi, molte di esse con un fazzoletto in testa (diventato iconico) che si passano l’un l’altra massi, pietre e frammenti di macerie. I detriti vennero smistati e “catalogati”, per poi essere trasformati in materia prima per le case e strade. Furono erette anche delle colline, come il Teufelsberg (la montagna del diavolo), alta 160 metri, che divenne la sede di una stazione di spionaggio statunitense.
Trummerfrauen
Le Trummerfrauen – donne delle macerie” – assunsero un’enorme e indispensabile rilevanza nel risollevamento della Germania. Il loro gettò le basi della rinascita di una nazione che, sorprendentemente, avrebbe riacquistato importanza e prestigio e potere economico nel volgere di pochi decenni. Ciò, nonostante la macchia di una guerra persa a causa del folle folle disegno di un pazzo.
Omaggi e memoriali
Di fronte alla Rotes Rathaus, a pochi metri dalla Fernsehturm, vi sono due sculture in bronzo, raffiguranti un uomo armato di piccone e una donna con una vanga in spalla. Le realizzò l’artista Fritz Cremer negli anni ’50, intitolandole “Fort mit den Trümmern und was Neues hingebaut” (“Via le macerie e costruiamo qualcosa di nuovo”). Invece, all’interno del Volkspark Hasenheide di Neukölln, è presente il memoriale della scultrice Katharina Szelinski-Singer.


Un’icona istituzionale
L’ultima volta che sono stato a Berlino, le due statue a opera di Cremer erano ancora imprigionate all’interno dei cantieri per il prolungamento della linea U5. Oggi, a lavori terminati, sono tornate visibili al pubblico. In molte città tedesche sono presenti ulteriori omaggi alla figura storica, nobile e indispensabile, della donna delle macerie.