CORTINA DI FERRO E SPIONAGGIO ALL’OMBRA DEL MURO

Kleo (miniserie)
L’appeal scaturito dalla lunga e travagliata storia, ha reso Berlino una tra le città più gettonate per l’ambientazione di film e serie. A partire dalla riunificazione, sono state innumerevoli le produzioni che hanno tentato di raccontarla, o che semplicemente l’hanno scelta come accattivante sfondo per un racconto o un video musicale.
I risultati non sempre sono esaltanti, soprattutto nei casi di produzioni fuori dai confini tedeschi, come per esempio Unorthodox. Ma non sempre una produzione made in Germany è garanzia di successo. Basti pensare a quel pasticcio di Wir Kinder vom Bahnhof Zoo, la serie Prime realizzata un paio d’anni fa e ispirata al cult movie diretto da Uli Edel nel 1981.
Non sono rari i casi in cui l’immagine restituita è quella di una metropoli sì d’effetto e scenografica, ma anche fastidiosamente artefatta e stereotipata. Ci voleva Kleo, una serie interamente tedesca uscita lo scorso anno, per rendere giustizia al fascino di Berlino. Il plot potrebbe suggerire banali e scontati senso di déjà vu: la guerra fredda, la cortina di ferro e la solita storia di spionaggio all’ombra del Muro. Invece, la serie Netflix sorprende colpisce il bersaglio con un prodotto di intrattenimento nell’accezione più positiva del termine.

Trama (no spoiler)
Kleo è una serie dagli ingredienti ben calibrati: dramma, black humor, suspense, un susseguirsi di colpi di scena e anche un tocco di romanticismo che riesce a non scadere nello stucchevole. Al centro, le conseguenze del crollo del Muro e sulle vite dei cittadini, specie quelli della DDR. La protagonista, che dà il titolo alla serie, è una spia-killer della Stasi reclusa a Hohenschönhausen, dove sta scontando un ergastolo per ragioni a lei ignote. In seguito agli eventi di pochi mesi prima, nella primavera del 1990, le porte del carcere si riaprono inaspettatamente e Kleo torna libera. La cortina di ferro è crollata e la DDR è agonizzante, ma persistono le due reti di spionaggio a est e ovest, due mondi la cui diffidenza non sembra avere ceduto insieme al Muro. Confusa, rabbiosa e animata da un violento senso di vendetta, Kleo vuole scoprire chi l’ha tradita e perché. A tale scopo, le torneranno utili gli anni di duro addestramento iniziato poco più che bambina, anche grazie alle vessazioni dell’amato nonno, un severo colonnello legato ai servizi segreti.


“Questa è una storia vera – Nulla di tutto questo è successo davvero”
È la premessa che, nei titoli di testa, pare voler scongiurare possibili accuse di scarsa credibilità della trama. Gli eventi narrati vedono coinvolte persone realmente esistite, ma in realtà sono spesso frutto della fantasia dei creatori della serie. Infatti, la cifra narrativa attinge apertamente dal mondo dei comics e da Kill Bill di Quentin Tarantino. I toni e i personaggi sono volutamente fumettistici, senza però mai scadere in caratterizzazioni eccessivamente sopra le righe. Soprattutto, sono assenti certi fastidiosi moralismi tipici di molte serie americane. In Kleo il confine tra il bene e il male è labile e fittizio come in un appassionante videogioco, dove i buoni e i cattivi sono le adorabili e indispensabili parti di un ingranaggio ben oliato.



Kleo diverte e appassiona grazie alla riuscita resa di un tempo lontano e irripetibile. L’elemento Ostalgie viene evocato con efficacia attraverso un’accorta ricostruzione d’epoca. Non cede a scelte stilistiche troppo ammiccanti alle esigenze e al senso estetico attuali. È probabile che solo i tedeschi dell’est percepiscano uno struggente senso di smarrimento, quello di un popolo che ha ottenuto l’agognata libertà al prezzo della loro marcata, per quanto detestata, identità.
