CIÒ CHE NON AMO DI BERLINO


Ciò che non amo di Berlino
Riprendo da un precedente post dedicato agli aspetti che trovo meno piacevoli della mia amata Berlino Preciso che non amo i luoghi comuni e alcuni di questi miei aneddoti raccontati potrebbero sembrare dire il contrario. In realtà sono sporadici episodi, avvenuti in due decenni di frequentazione assidua con la metropoli.
I tedeschi e l’alcol
È convinzione diffusa che sia molto più difficile socializzare in Germania piuttosto che in Italia o in altri paesi del Mediterraneo. Berlino, in realtà, è abitata da ampie percentuali di stranieri dei più disparati paesi, per esistono delle comunità un po’ a tenuta stagna. Nel senso che sembrerebbero circoscritte a individui provenienti dalla stessa nazione o con la stessa madrelingua. Anche per via, forse, delle effettive difficoltà di apprendimento dell’idioma locale, In realtà anche i miei amici italiani che vivono a Berlino da anni, nonostante il loro tedesco abbastanza fluente, frequentano perlopiù i loro connazionali.
Tornando al preambolo, per comprovata esperienza posso confermare che i tedeschi di Berlino sono più socievoli, divertenti – talvolta persino invadenti – sotto gli effetti dell’alcol.
E questo è un aspetto che non amo proprio di Berlino!
Mi è capitato, al termine di alcune serate, di scambiare con alcune persone il numero di cellulare o il contatto social per poi ritrovarmi, all’indomani, di fronte al gelo e al disinteresse più totali. Oppure a fronteggiare un chissà quanto reale e sincero vuoto di memoria. Ovviamente chiunque, indipendentemente dalla nazionalità, diventa più espansivo dopo qualche bicchiere. Gli italiani, tuttavia, riescono a esserlo – anche da perfettamente sobri!
Aggiungo che, sempre basandomi su esperienze personali, tale peculiarità l’ho riscontrata anche in altre popolazioni nordeuropee. Per ragioni semplici da comprendere, in primis quelle climatiche. Ma, proprio perché non amo le generalizzazioni, ci tengo a precisare che non sono mancate le piacevoli eccezioni.
Segnalo il divertente canale Youtube di una ragazza tedesca che ha vissuto a lungo in Italia. I suoi video sono incentrati, in maniera leggera e spiritosa, sulle differenze tra italiani e tedeschi. Alcuni cliché sono confermati, ma puntualmente sdrammatizzati con una buona dose di ironia.
Nel video sottostante tratta proprio della proverbiale freddezza (o riservatezza) del popolo germanico.
Le malefiche macchine automatiche per i biglietti
Il 31 agosto scorso si sono conclusi i tre mesi del biglietto a 9 €. Un titolo di viaggio che permette di utilizzare il trasporto locale sull’intero territorio tedesco. Mentre il governo tedesco discute di una possibile reintroduzione, dal primo di settembre sono tornate in vigore le usuali e non economiche tariffe.
Come ho scritto più volte, la rete dei trasporti pubblici di Berlino è piuttosto efficiente. Ad eccezione delle biglietterie automatiche. Proprio non le amo! Quelle sulle piattaforme della U-Bahn, per esempio, non accettano banconote. Questa cosa la trovo abbastanza assurda, dal momento che la corsa più economica, nel momento in cui scrivo, costa 3 €.
Come se non bastasse non accettano tutte le carte. Mi è successo di vedermi rifiutare, nello stesso giorno, due carte di credito e un bancomat. E giuro che non avevo nessun conto in rosso!
Ad Alexanderplatz c’è la biglietteria della BVG con personale addetto e la faccenda si risolve, ma nella stragrande maggioranza delle altre stazioni, sono presenti solo macchine automatiche. Una menzione a parte la meritano quelle a bordo dei tram. Queste richiedono esclusivamente monete, quindi può accadere di racimolare l’importo raschiando pezzi da 10 e 20 centesimi nel proprio portafogli. Ebbene, nove volte su dieci la macchinetta bastarda non dà il tempo necessario per inserirle tutte e raggiungere l’importo da corrispondere. Per cui bisogna ricominciare da capo. È una delle situazioni che più detesto!
Tuttavia, grazie a questo inconveniente, confesso di avere risparmiato diverse corse. Quando tentavo di acquistare il Kurzstrecke (il biglietto per un viaggio breve: massimo 6 fermate), dopo il terzo o quarto tentativo andato a vuoto dovevo già scendere. Potrebbe sembrare uno stratagemma, ma non lo è: per me i mezzi pubblici vanno pagati sempre. Non è solo una questione etica: in caso di salita dei controllori, mai potrei sopportare la pubblica umiliazione a cui mi è capitato di assistere!
Consiglio quindi di avere sempre con sé monete sufficienti (da 50 cent., 1 e 2 €), oppure di premunirsi di un carnet sufficiente di titoli di viaggio. O, meglio ancora, di un abbonamento a breve termine.

Sopra: immagini tratte da un advertising di qualche anno fa della BVG
La domenica è sacra
Un altro aspetto che non amo di Berlino. La domenica, sia qui che un po’ in tutta la Germania, negozi, centri commerciali e supermercati sono – salvo poche eccezioni – chiusi. Specifico che io, in Italia – dove molti punti vendita della tedesca Lidl sono aperti 7 giorni su 7 – cerco di evitare di fare la spesa nei festivi. Ma in vacanza, in una metropoli fortemente turistica come Berlino, è un aspetto fastidioso. Inoltre trovo questa presunta sacralità della domenica un po’ ipocrita. Esistono svariate categorie di lavoratori che non appartengono certo al settore dei servizi di prima necessità (ospedali, farmacie eccetera) e che hanno contratti di lavoro che prevedono turnazioni nelle festività e talvolta anche nelle fasce notturne. Basti pensare a bar e ristoranti, oppure ai numerosi call center della capitale.
Sarei meno insofferente se tale principio coinvolgesse tutti i settori lavorativi. Da anni a Roma (presumo anche a Milano) vi sono persino alcuni supermercati aperti h24, Natale incluso. Magari l’ideale sarebbe evitare gli eccessi e istituire delle rotazioni come per le farmacie.
Comunque, a Berlino ci sono alcuni supermercati aperti anche nei festivi (Ostbahnof, Warschauer Straße…) e, per piccole emergenze – specie alcoliche – tanti provvidenziali Späti.
Fragranze e miasmi
Berlino è indubbiamente una città sporca. E aggiungo maleodorante.
Le esalazioni di urine, rifiuti e persino vomito, si mischiano quella dell’onnipresente cipolla e ai paradisiaci effluvi delle Bäckerei. O ancora, ai profumi invitanti dei Currywurst e degli innumerevoli negozietti e chioschi che vendono street food. Facile inserire tali peculiarità tra ciò che non amo, ma ammetto che per me è ormai un marchio distintivo di Berlino a cui sono un po’ affezionato.
Confesso anche di avere contribuito, qualche volta, alla creazione di suddetta miscela di aromi, mingendo selvaggiamente per strada. Non credo che sia consentito dalla legge, ma è un’usanza piuttosto comune e tollerata. naturalmente tra gli individui di sesso maschile. A mia parziale discolpa posso dire di averlo fatto solo in orari notturni e in luoghi appartati, come parchi, giardini. oppure al riparo di uno degli alberi sui larghissimi marciapiedi della Karl-Marx-Allee. Mai a ridosso di un muro, dietro a un’auto parcheggiata o su un cumulo di sporcizia e rifiuti ammucchiati in un angolo. A parte ciò, è fastidioso trovarsi davanti, per esempio, alle nicchie dello splendido Oberbaumbrücke congestionate da bottiglie, lattine e cicche galleggianti in pozzanghere di acqua e piscio, e talvolta addirittura escrementi.
Paradossalmente, i barboni e gli alcolizzati contribuiscono a ripulire la città dalle bottiglie di plastica, specie nei weekend. I vuoti degli alcolici sono conferibili in appositi macchinari collocati all’interno dei supermercati, dietro il rilascio di un ticket spendibile nel supermercato stesso. In pratica, all’acquisto di una bevanda, è inclusa la cauzione per la bottiglia in plastica, e viene restituita previo scontrino al momento del differimento nell’apposita macchina. Per contro, purtroppo, non è difficile incappare in diversi carrelli del supermercato sfasciati, bruciati in strada. Vengono utilizzati per il trasporto delle bottiglie raccattate in giro e poi abbandonati. Ma in questo Berlino si distingue dal resto delle grandi città tedesche, perché, così mi hanno sempre detto, Amburgo, Colonia, Francoforte o Monaco, non sono città così sporche.

Sopra: sporcizia sull’Oberbaumbrücke
Ciò che non amo di Berlino: il turismo dummy
Qui, non sono coinvolti né i tedeschi né i berlinesi, ma una certa tipologia – abbastanza diffusa – di turisti.
Penso a quelli giovanissimi che giocano a nascondino, ad acchiapparella o al wildes Springen tra le stele del Denkmal für die ermordeten Juden Europas. Comportamenti giustamente stigmatizzati e di cui ho fatto ammenda qui, per esserne stato, molti anni fa, un fautore. Ancor di più le coppie di innamorati che si fanno un selfie o si fanno ritrarre mentre tubano davanti al più famoso murale dell’East Side Gallery.
Parlo del Sozialistischer Bruderkuss – bacio fraterno socialista – tra Leonid Il’ič Brežnev e Eric Honecker.
Durante un incontro ufficiale di Stato nell’ottobre del 1979, i due ex presidenti – rispettivamente delle allora U.R.S.S. e Ddr – furono immortalati da uno scatto divenuto storico. Recentemente, il 16 agosto scorso, è prematuramente mancato Dmitrij Vrubel, l’autore della nota opera di street art dell’East Side Gallery. Per cui sui social, Instagram in primis, si è scatenata una tempesta di tag su dolci e romantici baci tra innamorati davanti al celebre murale. Probabilmente ignari del simbolismo di quel gesto tra due gerarchi, e soprattutto del significato che l’artista volle imprimere alla propria opera:
Mein Gott, hilf mir, diese tödliche Liebe zu überleben
Mio Dio, aiutami a sopravvivere a questo amore mortale

Berlino meta trendy and cool
Probabile che mi sbagli, ma ho spesso la sensazione che molti visitatori non abbiano la minima percezione del luogo dove si trovano e della sua portata storica. Mi turba sempre la sfrenata spensieratezza di chi sembra essere venuto a Berlino perché è una meta di moda. Ignaro o non curante di quanta storia fatta di tragedie lo circondi, magari è venuto per fare il tour dei club techno e sfondarsi con l’alcol ogni sera. Che è un po’ come andare a Napoli per mangiare la pizza o a Parigi un croissant.
Sto giudicando, lo so e non va bene, ma è più forte di me! Naturalmente, questo mio “disappunto” non va troppo preso sul serio. Sono consapevole del fatto che in vacanza un po’ di leggerezza ci stia sempre bene. Come anche che non tutti coloro che si fanno una sciocca foto ricordo debbano obbligatoriamente all’oscuro della storia che c’è dietro.
Ciò che non amo di Berlino: le escursioni termiche
Un’altra peculiarità che poco mi entusiasma. A Berlino, durante i mesi più freddi, lo sbalzo di temperatura tra quella esterna e quella dei locali è un’esperienza estrema. I berlinesi, facilitati dall’abitudine al gelo tipico tra dicembre e marzo, sotto le loro giacche invernali, indossano quasi sempre t-shirt. È possibile anche vedere ragazze con degli abitini corti e senza calze, perché dentro ai locali il caldo è spesso soffocante. Nelle disco e nei club, poi, la situazione è ancora più drammatica: le temperature corporee e il sudore) di centinaia di persone danzanti con qualche litro di alcol in corpo, creano un effetto cappa asfissiante.
Io, naturalmente, sotto al giaccone pesante indosso la maglia della salute e almeno una felpa, altrimenti rischio una broncopolmonite o l’assideramento. Torno da Berlino sempre raffreddato o senza voce, perché così bardato, in ambienti in surriscaldati, sudo come un cavallo, e una volta e di nuovo fuori il sudore mi si ghiaccia e cristallizza addosso.

Forse dovevo titolare questo post “ciò che i turisti non apprezzano di Berlino”. Perché per me sono tutti minuscoli nei a cui (ticket-machine a parte!), ho imparato ad affezionarmi, tanto appartengono a questa città che amo immensamente.
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