BERLINO, ILLUSIONE E INGANNO

BERLINO, ILLUSIONE E INGANNO

Berlino, illusione e inganno

«Una città che non rivela la sua storia è come un uomo senza ombra.»
(Flavia Arzeni)

Forse niente meglio della letteratura traccia ed evidenzia i solchi dei mutamenti socio-culturali, delle evoluzioni e involuzioni di un luogo.
Percorrere la storia di Berlino attraverso le innumerevoli pagine da e a essa ispirate nel corso di oltre due secoli, aiuta a comprendere meglio le ragioni della sua unicità così affascinante e allo stesso tempo drammatica. Berlino è talmente innervata da tragedie di dimensioni epiche e da speranze crudelmente disattese, da renderla una sorta di capitale dei sogni di gloria e del loro misero fallimento.

Berlino, illusione e inganno

Città musa

Sono numerosi i romanzieri, poeti, filosofi, artisti che sono stati puntualmente soggiogati dal fascino detonante di una delle più giovani capitali europee. Giovane, ma ben presto in grado di rappresentare, a fasi alterne, un faro e poi il buio, nonché uno dei vivai più fecondi del pensiero illuminista. Purtroppo, anche la latrina di scolo delle peggiori nefandezze umane; la visione nobile e idealistica che lievita fino alla volta celeste e la concreta realtà costretta al riparo, nelle lugubri e sulfuree trincee degli inferi.

Un viaggio letterario

Berlino. Un viaggio letterario

Suggerisco questo libro pubblicato circa venticinque anni fa da Sellerio editore Palermo.
Dal glorioso e ambizioso Impero Prussiano di Guglielmo II alla rovinosa sconfitta della Grande Guerra. Dagli ideali democratico-liberali della Repubblica di Weimar all’avvento di Adolf Hitler, abile a captare e incanalare a proprio favore il malcontento di un popolo alle prese con fame e povertà. Dalle sciagure e le infamie della II Guerra Mondiale alla dolorosa scissione di una città, di una nazione e di un popolo, mediante la polarizzazione di fedi, prospettive e convinzioni inconciliabili.
Infine il Muro – quello reale, icastico e materiale – dalla sua genesi al suo franare.
Berlino – Un viaggio letterario” di F. Arzeni, indica sapientemente l’essenza mutevole e impalpabile di una metropoli in perenne divenire. Depositaria di sogni, ideali, delusioni e fallimenti, nonché musa ispiratrice di artisti non necessariamente berlinesi o tedeschi. Perché si può rinascere (o forse davvero nascere) ben distante – non solo geograficamente – dalla propria terra natia, per ragioni e logiche non sempre, né necessariamente sondabili.
Non è un caso che uno dei suoi narratori più ispirati e appassionati è il britannico Christopher Isherwood, che vi si stabilì sul finire degli anni ’20, rimanendovi fino alla completa ascesa al potere del Fuhrer, avvenuta nel 1933.

Il mio scheletro indolenzito

In uno dei suoi romanzi più noti, “Addio a Berlino“, da cui, nel 1972, venne tratto il noto musical “Cabaret” diretto da Bob Fosse e interpretato da Liza Minelli, Isherwood descrive alla perfezione il suo rapporto simbiotico con Berlino. Una città con cui si identifica e, proprio per questo, non le risparmia un dolente senso critico:

«Berlino è uno scheletro che rabbrividisce di freddo; è il mio scheletro indolenzito. Sento nelle ossa il morso del gelo nei piloni della sopraelevata, nei balconi di ferro, nei ponti, nelle rotaie dei tram, nei lampioni, nelle latrine. Il ferro palpita e si restringe, la pietra e i mattoni soffrono ottusamente, l’intonaco è insensibile.
Berlino è una città con due centri: la massa degli alberghi di lusso, dei bar, dei cinema, dei negozi intorno alla cappella commemorativa, un nucleo scintillante di luce come un diamante falso nel crepuscolo triste della città; e il presuntuoso centro governativo di edifici ordinatamente disposti intorno all’Unter den Linden. […]
Ma il vero cuore di Berlino è un piccolo bosco nero e umido: il Tiergarten. In questa stagione dell’anno, il freddo comincia a spingere i giovani contadini dai loro minuscoli indifesi villaggi fino alla città, per cercare cibo e lavoro. Ma la città che metteva nel cielo notturno sulle pianure un riflesso così vivo e invitante, è fredda, crudele e morta. Il suo calore è un’illusione, un miraggio del deserto invernale. La grande città non vuole accogliere questi ragazzi, non ha niente da dar loro. Il freddo li scaccia dalle sue strade nel bosco che è il suo cuore crudele. Si raggomitolano qui sulle panchine per morirvi di fame e di freddo, sognando le stufe lontane delle loro capanne. … »

Sottotitoli in italiano nelle impostazioni del video

Dopo il Muro

Le ultime pagine dell’antologia raccolgono testimonianze letterarie che congelano Berlino in un ideale fermo immagine dell’immediato post-Muro. Un evento storico che ha in parte colto imprepaparata la futura capitale della Germania riunificata, evidenziandone i tratti più entusiastici e alimentandone sogni e speranze.
Quelli di due realtà avulse, eppure speculari nel disincanto che si sarebbe loro riproposto negli anni a venire.
La Berlino odierna, quella che si pone oltre la linea temporale di questo libro, conferma la propria fama di città mutevole, affascinante, triste, sexy e seducente, ma anche ingannevole.
Una realtà che oggi appare irrimediabilmente fagocitata dal disegno della globalizzazione, manovrata da logiche economiche e capitaliste.

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